Agosto 2014. In Iraq fondamentalisti islamici massacrano le comunità cristiane. L’instabilità dell’area avvantaggia i produttori di petrolio dato che la mancanza di un governo Iracheno, riduce la capacità di estrazione, per la legge del mercato, per la legge della domanda e dell’offerta ad una minore offerta, la volatilità del prezzo delle commodities dell’energia, facilita le speculazioni finanziarie. Le rivendicazioni religiose, alimentano le pance vuote dei fondamentalisti.
Agosto 2014. In Libia, il disordine del paese e le lotte tra clan favoriscono l’immigrazione clandestina contrastata dall’operazione Mare Nostrum.
Agosto 2014. In Ucraina, alla frontiera, un convoglio di aiuti umanitari attende l’autorizzazione ad entrare nel paese per portare aiuti e derrate alimentari, ultima fase di una battaglia tra Russia ed Ucraina, tra Russia e paesi occidentali, in particolare con l’Europa e la Germania, legata a doppio filo con il cordone ombelicale delle pipeline del metano dall’Ucraina. Tace Israele, i palestinesi, e la Siria. Silenzio dalla Cina che ancora non ha pipeline dirette con la Russia, ma già ha pensato di stringere le mani agli oligarchi russi. Tace il petrolio ceceno e nigeriano.
Di fronte a questo silenzio, io, che mi occupo di architettura, di edifici di cosa dovrei parlare ? è agosto, è passato un luglio instabile, meteorologicamente instabile, indifferente alle guerre, al petrolio ed al gas metano. Lo stesso gas metano che, fra qualche mese, userò per alimentare la caldaia, una caldaia tradizionale, con camera stagna ma non a condensazione, buttando una percentuale importante del gas, una percentuale di quella guerra, nel fumo di combustione. Così come ora utilizzo parte dell’energia elettrica prodotta dalle centrali termoelettriche alimentate a gas metano, per la maggior parte.
L’Italia, lungimirante, è il paese con la più estesa metanifera del mondo, quasi il 90% del territorio italiano è servito direttamente dalle pipeline del gas. Nelle cucine degli italiani, insieme agli spaghetti ed al pomodoro, alle orecchiette o alla ribollita, brucia il gas che arriva dalla Norvegia, dalla Libia, insieme ai migranti, da Ravenna, per distrarre i turisti sulle motonavi, e dalla Russia. In buona parte, dalla Russia.
La rete metanifera si è estesa durante il boom economico, ed è stata completata, per la maggior parte, negli anni settanta. In contemporanea con la prima legislazione in materia di contenimento energetico del 1976. Ironia della sorte, quando fu possibile vendere il gas a tutti, la nazionalizzazione delle imprese energetiche, portò il tutto al monopolio. L’edilizia ne approfittò subito e così insieme al frigorifero ed alla televisione, entrarono in casa la cucina economica a gas e le caldaie, dapprima centralizzate e poi, dopo il 1991, autonome. Milioni e milioni di caldaiette vennero installate per bruciare il gas naturale. Gli impianti autonomi hanno il vantaggio di pagare solo il gas che si utilizza, e così se non ci sono abbastanza soldi è possibile decidere rimanere al freddo, rimanere in una stanza dove le pareti, un doppio forato uni, da trenta centimetri, se va grassa di aver messo tre centimetri di isolante, sono così gelate che è come avere le finestre aperte. E le finestre aperte non bastano nelle giornate afose di luglio e di agosto, e così, ancora una volta si ricorre agli impianti, agli split system, o condizionatori autonomi, per fare fresco. Chi può installarli, e consumare la corrente elettrica estiva. Le case come gli uffici e come i centri commerciali, energia per supplire alle mancanze dell’edificio, dei muri troppo sottili, delle coperture che assorbono il calore diurno per surriscaldare gli ambienti di notte. Trascurati nella progettazione, così attenta alle dimensioni dei muri e della rendita, gli impianti termici, si aggiungono continuamente, riscaldamento, raffrescamento, negli edifici esistenti sono come piante rampicanti, tubazioni che si inerpicano, dall’esterno verso l’interno, verso cavedi e locali tecnici. Grandi quanto basta a supplire alle ridotte dimensioni dei muri, delle copertura, quanto basta a sostituire il progetto dell’architettura. Gli impianti tecnici sono una possibilità offerta dalla tecnica per integrarsi con l’architettura, quando diventano una necessità per supplire alle de-efficienze degli architetti, a quello che l’architettura non è più in grado di fare, se si limita ai soli muri.
Una progettazione accurata può ridurre il fabbisogno di energia per riscaldare e per riscaldare, consente di utilizzare sistemi più sofisticati, come il solare termico o le pompe di calore, ma questi funzionano (bene) solo quando il fabbisogno energetico è ridotto, o meglio adeguato alle esigenze del contesto, della città, del territorio, del clima o di quello che, con un certo romanticismo di quanto studiavo, veniva chiamato Genius Loci, terminologia buttata nel cestino di fronte alla realtà, e non solo quella professionale, ma che scopro essere presente nei testi e manuali di architettura degli anni sessanta del XX secolo, in particolare nella letteratura tecnica statunitense (eh sì quegli spreconi degli americani) ed in Europa, ma anche negli anni trenta, ed a fine ottocento, e volendo anche prima in Leon Battista Alberti ed in Vitruvio, se vi piace questa tassonomica versione romantica della manualistica. Solo i Manuali del CNR e del Neufert, con l’algebrica necessità del primo dopoguerra, di fornire poche informazioni e costruire in fretta, se ne sono dimenticati.
La presa di corrente e la fiamma non sono altro che la parte terminale di un lungo percorso, che scavalca nazioni e popoli, che accavalla storie e territori, un percorso protetto e combattuto dai carri armati, così vale la pena pensare che se si riduce (anche) la domanda di energia dovuta all’architettura, si riduce (anche) il numero di carri armati.
Per questo l’architettura ha a che vedere con i carri armati, non è una moda, non è (solo) una questione termodinamica (che poi è la mia fissa), è una questione architettonica, una questione di civiltà.
Kristian Fabbri
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